mercoledì 27 luglio 2011

PATATE E ZUCCHINE DI NONNA ELISA


PATATE E ZUCCHINE DI NONNA ELISA

Ingredienti:
Patate, zucchine, pomodori (pochi), ricordi (tanti), basilico, olio e sale.

Tagliate a tocchetti uguali le patate sbucciate e le zucchine sciacquate e mettetele in pentola con qualche pomodoro coprite d’acqua aggiustate di sale e incoperchiate. Cuocerà per mezz’ora o giù di lì. Spegnete, aggiungete le foglioline di basilico e mangiate. E allora? Direte voi, che ci vuole, dove sta la specialità?
Bhè io non so per voi qual è il sapore che più vi porta indietro alla gaiezza infantile, alla crudele innocenza di anni a una cifra, ma per ma questo semplicissimo piatto contiene tutti questi tesori e solo ripensarci vuol dire riaprire la stanza assolata della nostra infanzia, quella mia dei miei fratelli, genitori, zii, nonni, cugini, amichetti. Ogni boccone, che sia bollente o fresco della zuppa colorata è un frame di un film piacevolissimo da rivedere e il potere resuscitante della cucina in questo caso leva tristezza alla nostalgia riportandola ad un livello di piacere carezzevole e accogliente nel quale mi lascio cullare.
Rivedo, o meglio, rivivo la figura minuta nel fisico ma possente nell’essenza della mamma della mamma, una elevazione a potenza che nel suo caso corrispondeva con la grandezza della sua amorevole dolcezza. A volte dura e spietata, ma proprio per questo ancora più accudente.
La rivivo mentre, complice, mi chiede cosa volessi mangiare e già affetta patate e tocchetta zucchine. La mia risposta era la battuta di un copione portato con innocenza alla ribalta di un rapporto intenso, naturale e vitale. Mentre ne mangiavo allora non ero consapevole di quanto stessi ingoiando eppure mi riempiva stomaco e cuore, lo sentivo anche se imberbe. A volte, forte di una semplice schiettezza alimentata dalla sua -di nonna Elisa- immediatezza, chiedevo spudoratamente un piatto di quella zuppa tanto amata (per l’amore che rilasciava e per quello che conteneva).
La nonna Elisa attuava quello che oggi considereremmo un segreto, una raffinatezza oculata, una scelta etico-sostenibile, e che allora era puro e semplice buon senso: preparava quantità straripanti di zuppa, cosicché ne mangiassimo nell’immediato, e di rado eravamo soli, per poi riutilizzare la stessa come supporto per una minestra di riso che il solo pensiero mi inumidisce il canale lacrimale. Ma non è finita qui perché tale e tanto è il suo valore che è gustosissima sia bollente posata su crostini di pane abbrustolito (cioè avanzi induriti e fatti rinascere con una passata in forno o direttamente sul fuoco), che fredda a cucchiate piene appena imbastito da un filo d’olio, nelle estati in cui cucinare è arduo e sudato. Anche con la pasta questa zuppa contadina mette in luce la sua semplice grandezza. In questo caso lasciate finire di cucinare la pasta nella zuppa cosicché si agglutini al liquido condito e lo addensi. Risultato ingigantito da una spolverata di formaggio che oggi potrebbe essere “Parmigiano” per noi era quella plebea mistura che non aveva altro nome se non “formaggio grattuggiato”.
E ora che ci penso ho in frigo lo stretto indispensabile per questo viaggio mnemo-culinario e non mi lascio sfuggire l’occasione per un ripasso con tanto di struggimento, ma poco, perché il bello è che certi sapori non solo non in-vecchiano ma in-giovano.


Manlio