il SOCIALE che spaventa
Dopo l’orto SOCIALE urbano, anche il centro SOCIALE occupato
è stato sgomberato.
Una cosa è certa in questa “nostra” città la SOCIALIZZAZIONE
quando è spontanea, autogestita e senza etichette, mette paura e alimenta
difese escludenti, armate e non.
A giugno 2013, dopo oltre tre anni di vita, ortaggi,
attività, visite, laboratori, pranzi all’aperto, mercatini, sorrisi, abbracci,
vita insomma, Ortocircuito, il primo e mai riconosciuto orto sociale di Bari ha
ricevuto il benservito dalla curia cittadina per nome e per mano del suo
traghettatore Don Biagio, parroco della chiesa che tanto cristianamente ci
aveva accolti e altrettanto cattolicamente ci ha dato un calcio in culo!
A gennaio 2014, dopo oltre 2 anni di storia, casa, teatro,
cinema, musica, incontri, collettivi, cene, pranzi, aperitivi, mercati,
bambini-a-giocare, anziani-a-passeggiare, giovani-a-parlare, vita insomma,
Villa Roth è stata sgomberata. Qui ci sono voluti i militari, braccio armato di
una legge che è sempre e solo del più forte. Qui oltre al danno enorme di
persone, famiglie, irregolari per questo “pericolose”, ragazze e ragazzi per
strada, la beffa di alcune timide partecipazioni solidali a mezzo
tuitterfeisbucemail e che altrocazzo non so. La definizione che lo sceriffod’emilia
ha appioppato di “barboni” non può che inorgoglire chi della irregolarità ha
fatto la sua scelta. A volte non voluta, ma molto, molto praticata. Se solo il
pistolerodenoiantri sapesse o immaginasse cosa vuol dire essere barboni nella
nostra società e nella nostra città tacerebbe, ma per sempre. Noi no. Io
barbone non lo sono, non ce la faccio, magari vorrei avere la libertà di non
dovere nulla a nessuno e vagare, ma non lo so fare. E comunque, purtroppo
l’epiteto, che quello voleva essere, aveva valore denigratorio e
mistificantemente caritatevole. A michè e vacci tu per strada! Vai a veder che
vuol dire.
Nulla di nuovo, purtroppo sotto il sole opaco della sempre
straboccante platea dei benpensanti che, se armati anche del cosiddetto
“consenso popolare” diventa assassina.
Sotto il nostro sole invece c’è qualcosa che si muove.
Oltre, davanti e all’orizzonte degli sgomberi, degli sfratti, delle
estromissioni, c’è la vita vera. La nostra e di tutti quelli che giorno dopo
giorno la praticano, cercandosi altre stanze entro cui dormire senza pagare
balzelli impossibili. La vita di chi riesce a seminare le proprie piantine
nella terra che sotto sotto ci scorre sempre senza che ce ne accorgiamo.
Se poi questa VITA è SOCIALE e mette insieme le diversità, è
LENTA e non segue il ritmo degli spot tv, è PACIFICA e non si nutre di
competizione, è PERIFERICA e non anela a centrismi di maniera, se è tutto
questo non ha diritto di cittadinanza nella nostra città
Senza volere fare dei paragoni, ma mettendo insieme alcuni
frame del film anestetico-repressivo in cui anneghiamo, capisco che
Ortocircuito e Villa Roth hanno vite parallele, spezzate ma risorte.
E da questa resurrezione, laica e rivoluzionaria che
dobbiamo, vogliamo ripartire. Ritessere trama e ordito di un tessuto diverso,
periferico, appassionato, e perché no, comunista.
Pepe Mujica, l’ottantenne contadino presidente dell’Uruguay,
racconta che l’essere umano “nasce socialista”, nella preistoria non esisteva
il concetto di “mio” e “tuo”, ma solo “nostro”: Il concetto di proprietà
privata (l’etimologia già la racconta lunga) è frutto dell’organizzazione
sociale successiva. Lui, ex tupamaro incarcerato per 13 anni nelle peggiori
carceri di sicurezza del sudamerica, si dice convinto che nel nostro patrimonio
genetico esiste la memoria ancestrale e radicata del nostro “essere
socialista”, è lì che dobbiamo andare a pescare se vogliamo tornare ad essere
persone e non clienti-consumatori.
Io penso che Pepe abbia ragione.
manlio
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